Lolita Timofeeva

Lolita Timofeeva

Il testo su Lolita Timofeeva è un estratto proveniente dal catalogo pubblicato in occasione della mostra La via dell’ambra. Reloading, bipersonale di Lolita Timofeeva e Valentinaki, a cura di Mattia Lapperier, Palazzo del Pegaso, Firenze, Spazio espositivo “Vetrina Expo Comuni”, 23 ottobre – 12 novembre 2020.

Lolita Timofeeva riflette sui processi geopolitici della Lettonia, terra in cui è nata, dove ha
intrapreso la carriera artistica e dove ha risieduto sino al 1991. Per mezzo di un personale
linguaggio pittorico associato all’installazione, si pone alla ricerca delle immagini più antiche
della cultura visiva e dell’arte popolare lettone
. Include nei propri lavori testimonianze dirette
provenienti dal passato della sua terra d’origine come vecchie foto, documenti originali, distintivi
e altri elementi che tramandano una storia allo stesso tempo privata e collettiva. Tra i
simboli pagani a cui attinge, Māras Krusts (Croce di Mara) è certamente quello che ricorre
più di frequente poiché incarna un’antica e potente rappresentazione simbolica del mondo
materiale, collegata al culto della Terra e della Natura
. In alcune opere compare come un
sigillo impresso a fuoco su alcune fotografie; in altre è ripetuta in modo quasi ossessivo,
variata nell’orientamento rispetto allo spazio del supporto; in un lavoro in particolare occupa
tutta la superficie della rappresentazione cartografica della Lettonia, con la programmatica
intenzione di porre il Paese sotto la propria protezione. Gli assemblaggi di oggetti, emblemi e
parole che propone Lolita Timofeeva alludono a una storia e a un’origine condivisa, a un’umanità
riunita attorno a uno stesso mare che si riconosce in una medesima lingua
. Tale atavica
comunità d’intenti si ravvisa tanto nell’installazione composta da bandiere nautiche quanto in
un’opera-manifesto che dimostra la concordanza linguistica tra le parole lettoni e quelle latine,
entrambe debitrici del sanscrito. Proprio come l’ambra trattiene dentro sé elementi provenienti
dal passato, allo stesso modo molte delle carte presenti in mostra recano immagini
o date che riecheggiano tappe significative della storia della Lettonia come il 1918 (anno del
Trattato di Brest-Litovsk con cui la Russia bolscevica e gli Imperi centrali riducono la Lettonia
a provincia tedesca); il 1939 (anno del patto Molotov-Ribbentrop con cui la Lettonia diviene
parte dell’URSS); il 1949 (anno in cui avviene la deportazione di massa in Siberia ad opera di
Stalin) o il 1991 (anno del golpe in URSS che ha indirettamente causato l’indipendenza dei
Paesi Baltici). Vicende di vita personale sono legate a doppio filo a fatti storici come la guerra
fredda, l’alluvione di Firenze, la contestazione sessantottina, la Primavera di Praga, sino al
disastro nucleare di Chernobyl. Le opere di Lolita Timofeeva si nutrono del passato per offrirsi
al presente come testimonianze vive. Esse sono crudamente offerte all’osservatore, senza
alcun filtro, con la schiettezza di una cronaca e l’audacia di un manifesto.

M.L.

Il catalogo della mostra da cui proviene l’estratto su Lolita Timofeeva è disponibile presso il sito web di Vanillaedizioni.

Lolita Timofeeva, Percepisci la densità del silenzio?, 2020, tecnica mista e collage su plexiglas, 50x50 cm
Lolita Timofeeva, Percepisci la densità del silenzio?, 2020, tecnica mista e collage su plexiglas, 50×50 cm

Lolita Timofeeva (Jaskin), allieva di Jānis Andris Osis è nata a Riga, in Lettonia. Nel
1991 si è trasferita in Italia. Nel 1997 ha rappresentato la Lettonia, con una mostra
personale, alla XLVII Biennale di Venezia. Attualmente lavora tra Bologna, Riga e Catania.
Ha una formazione accademica. La sua ricerca ha attraversato diverse fasi approdando
nella simbologia alchemica attraverso l’analisi dei testi ermetici. Lolita indaga la
dimensione metafisica del mondo, la sua poetica appartiene all’ambito dei simboli e
archetipi, la sua ricerca si intreccia con gli studi dei testi di psicologia analitica e filosofia.
Le opere di Lolita Timofeeva sono presenti nei musei e nelle collezioni privati di tutto il
mondo, come Collezione Thyssen-Bornemisza (Madrid), Museo Casal Solleric (Palma de
Mallorca), Museo Internazionale di Ceramica (Faenza), Foreign Art Museum (Riga/Latvia),
Biblioteca Nazionale di Firenze, Collezione Arturo Schwarz (Milano), Biblioteca di
Letteratura Straniera VGBIL (Mosca), Fondazione La Verde La Malfa (Catania).
Ha collaborato come giornalista con i settimanali “Ogoniok” di Mosca, “LMM” di Riga,
“Zeta” di Udine, “Images Art & Life” di Modena. Ha pubblicato i suoi racconti nelle raccolte
“Scarpe sciolte”, “Casamondo” e “Intrecci” edite da Eks&Tra. Fa parte del collettivo di
scrittura meticcia Joana Karda, del quale sono stati pubblicati: nel 2017 “Schischok” da
Euno Edizioni, nel 2019 “Le Molte vite di Magdalena Valdez” da Besa Editrice e nel 2020
“L’ultimo aereo” sulla piattaforma Amazon.