Toten

Toten

Leonardo Bartolini


A cura di M. Lapperier
21-25 settembre 2022
Kumamoto, Prefectural Traditional Craft Center

Leonardo Bartolini, Toten, terra sigillata, 2022

Toten

di Mattia Lapperier

Per Leonardo Bartolini la ricerca formale è una questione di orientamento. Orientamento tra tecniche di varie epoche, sapientemente ibridate e rinnovate, in decenni di esperienza sul campo; orientamento tra tradizioni e consuetudini in molti casi assai lontane tra loro ma consapevolmente adottate dall’artista, in ciascuna fase di realizzazione delle proprie sculture. Queste, nella loro immediatezza, si articolano nello spazio in modo stabile e duraturo. Asciutte, essenziali, quasi scarnificate, protendono verso l’alto, alludendo a una supposta ascesi spirituale, così come i titoli Guglia e Stele sembrano confermare. Recano volumi scabri e irregolari, arricchiti da graniglie che affiorano in superficie, da innesti metallici aggiunti a terzo fuoco e da un’infinita varietà di trame ottenute a Jomon. Quest’ultima antichissima tecnica giapponese – già diffusa nel Neolitico e consistente nel passaggio di corde variamente intrecciate tra loro direttamente sulla superficie – così come l’abituale ricorso alla terra sigillata – tipologia di ingobbio impermeabile, già nota a Greci, Etruschi e Romani – dimostrano quanto Bartolini sia debitore nei confronti delle tecniche del passato. L’artista sceglie le terre da utilizzare, le preleva personalmente da giacimenti argillosi e, dopo aver provveduto alla loro decantazione, le arricchisce di ossidi e coloranti, così da ottenere la consistenza e la cromia desiderata. Egli si riallaccia a tradizioni antiche con indefessa dedizione. Coniuga infatti liberamente il tenmoku, uno smalto cinese impiegato nelle cerimonie del tè, a opere dalle cromie scure che ricordano da vicino i buccheri etruschi. Associa l’oro e il platino a forme totemiche dal valore primigenio e atemporale.

Leonardo Bartolini, Toten, terra sigillata, 2022

Indubbiamente la formazione da architetto condiziona la ricerca scultorea di Bartolini, sin dalle sue primissime prove. Agli esordi infatti il ceramista trovava ispirazione nelle tarsie marmoree delle chiese romaniche toscane, così come nelle articolate geometrie degli edifici di gusto mediorientale, ma anche nelle costruzioni preistoriche megalitiche, come i dolmen e i menhir. Le prime opere, ieratiche, imponenti, simmetriche, sono contraddistinte da un saldo e rigoroso impianto costitutivo, aspetto, quest’ultimo, che perdura immutato nel corso del tempo e caratterizza anche la più recente produzione dell’artista. È poi a partire dal 2004 – e precisamente con le sculture intitolate Ascensione e Ometto – che Bartolini introduce un significativo nuovo elemento che di fatto rivoluziona il proprio linguaggio. La forma semplice e disadorna del tradizionale cuscino giapponese utilizzato come seduta, lo zabuton, fa la sua comparsa a seguito dei primissimi viaggi in Giappone, avvenuti rispettivamente nel 2002 e nel 2003, ancor prima del definitivo trasferimento dell’artista a Kumamoto. Un comunissimo complemento d’arredo dall’aspetto dimesso e dalla sintetica forma quadrangolare viene ad assumere un significato profondo per l’artista. Da oggetto d’uso, esso diviene elemento strutturale primitivo che, a partire dai primi anni del Duemila, costituisce il grado zero della sua intera produzione scultorea. Inizialmente impilato e sovrapposto, esso imprimeva alle opere un andamento ascensionale tale da renderle assimilabili a pagode o più prosaicamente ai cosiddetti ometti di pietra che, posti ai lati dei sentieri, segnalano agli escursionisti la via giusta da seguire. Elevandosi in direzione del cielo, tali lavori, pur mantenendosi saldamente ancorati alla terra, sono in grado di restituire di per sé l’impressione di un agognato innalzamento spirituale. La rigida simmetria delle origini appare del tutto superata, le forme si fanno più morbide e dall’aspetto più rustico e modesto.

Più di recente l’artista ha avvertito l’esigenza di intervenire in modo più marcato sulla propria forma-base. Le ultime sculture sono pertanto l’esito di piegature, torsioni, compenetrazioni e sezionamenti dello zabuton. Ispirato in taluni casi alle pieghe compatte e rigide dei kimono che si possono scorgere nelle xilografie giapponesi, particolarmente evidenti nei lavori ad assetto piramidale, il riferimento principale continua comunque ad essere l’architettura. Che si tratti di componenti architettoniche singole, di vaghi cenni a monumenti antichi, o persino di puntuali omaggi all’architettura contemporanea (come nel caso delle opere originate da una compenetrazione ortogonale a formare una croce che ricorda quella incorporea e diafana della Chiesa della luce di Osaka, ad opera di Tadao Ando), Bartolini assorbe questo tipo di forme e le fa proprie. Non cita mai esplicitamente, piuttosto rievoca. Non riverisce passivamente l’arte del passato, recepisce invece suggestioni da Oriente e da Occidente, per convogliarle simultaneamente nel proprio lavoro. In equilibrio tra culture distanti tra loro nel tempo e nello spazio, le sculture di Bartolini esprimono un felice connubio tra approfondita conoscenza delle tecniche tradizionali e compiuta sintesi formale.

Leonardo Bartolini, Toten, terra sigillata, 2022

Toten

Leonardo Bartolini

A cura di Mattia Lapperier

Kumamoto Prefectural Traditional Craft Center, Kumamoto, Chibajomachi 3-35 Cyuoku, Japan

Inaugurazione: mercoledì 21 settembre 2022, ore 18:00

Periodo di apertura al pubblico: dal 21 al 25 settembre 2022