Vaccarone omaggia Wagner. Il dramma musicale si fonde alla pittura

Vaccarone omaggia Wagner. Il dramma musicale si fonde alla pittura

M. Lapperier, Vaccarone omaggia Wagner / Il dramma musicale si fonde alla pittura, in Francesco Vaccarone / Locanda Universo / Omaggio a Wagner, catalogo della mostra (Bayreuth, 4 – 24 aprile 2019) a cura di P. Asti, L. Beatrice, M. Lapperier, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera (LU), 2019.

Questa mostra è stata concepita come un omaggio, un atto d’amore, nei confronti di Richard Wagner, com’è noto, uno dei più importanti compositori della storia della musica. L’arte di Francesco Vaccarone ha l’onere di misurarsi con quella del musicista tedesco; è così che musica e pittura si fondono in un tutt’uno, restituendo l’impressione di una sinestetica opera d’arte totale – una sorta di Gesamtkunstwerk,per dirlo con Wagner – in cui immergersi completamente, in cui riconoscersi.

Il compiuto esito a cui approda la ricerca artistica di Vaccarone, dopo un anno e mezzo di appassionato lavoro, deriva da studi approfonditi sull’opera di Wagner, oltreché da prolungate sessioni di ascolto dello stesso. Le venticinque tele che compongono l’omaggio a Wagner sono dedicate a cinque dei capolavori a firma del celeberrimo musicista: Tristano e Isotta, L’oro del Reno, Parsifal, L’Olandese volante e Il divieto d’amare.

Ogni singola tela proposta da Vaccarone, pur in aperto dialogo con le altre afferenti allo stesso dramma musicale, raffigura un mondo a sé, governato da proprie regole interne. I dipinti sono solitamente contraddistinti da un’impostazione tonale di base, restituita da una pittura solida, stesa à plat, spesso variata nella superficie dal ricorso al frottage. A partire da tale scenario tendente al monocromo, l’artista costruisce la composizione, permettendo, in questo modo, l’emersione di profili appena abbozzati, non svelati in tutte le loro parti, quasi fossero evocati dalle note dello stesso Wagner. A una coloratissima gamma di accenti tendenzialmente lineari è poi riservato il compito di variare le tele, di conferir loro movimento e alterazioni, assecondando le logiche del cromatismo musicale e del contrappunto, di cui Wagner fu maestro.

In alcuni casi, come accade nei dipinti per il Tristano e Isotta intitolati Il ricordo di Tantris, La lunga notte dei due innamorati 1 e Liebestod, gli accenti cromatici prendono il sopravvento sulla composizione, al punto da fagocitarla del tutto, giungendo a una vera e propria astrazione che procede per espansione su di un fondo nero, sconfinando addirittura, in Liebestod, al di là dei limiti imposti dal telaio. In altri, si prendano in considerazione in questo caso i dipinti per L’oro del Reno, la figurazione resiste, impreziosita dal ricorso alla foglia d’oro, stesa nel mezzo delle linee che accennano al flusso delle acque. In altri ancora, pur immerso in un contesto astratto, sopravvive l’impianto figurativo del dipinto, ridotto a misteriose silhouette dietro cui si celano, come già accennato, i protagonisti dei drammi wagneriani. L’ombra notturna di due amanti 2, realizzato per Tristano e Isotta, Kundry per Parsifal e il doppio profilo affrontato di Tribunale, dipinto per Il divieto d’amare, incarnano tre efficaci momenti in cui Vaccarone, sfruttando l’immagine in ombra dei suoi iconici ed eroici personaggi, permette all’osservatore di attivare un processo di identificazione e immedesimazione nel dramma di sempre, nel dramma di tutti.

Ogni opera esposta rappresenta per l’artista una preziosa occasione di confronto su alcune delle tematiche che, da sempre al centro delle sue riflessioni, ricorrono nella maggior parte dei suoi lavori pittorici, plastici o grafici. Wagner prima di lui aveva composto i suoi drammi attorno alle medesime categorie esistenziali, penetrandole acutamente nel loro significato più profondo. Esse, autentico cardine della mostra, sono la vita, l’amore e la morte.

Vaccarone con i suoi dipinti reinterpreta, rielaborandolo, quell’impulso vitalistico che permea gran parte dei drammi wagneriani, già peraltro individuato ed esaltato da Friedrich Nietzsche, prima della definitiva rottura con Wagner. Quasi tutte le tele sono consapevolmente costruite sulla base di dicotomie, solitamente personificate da due entità contrapposte che si condensano, materializzate dalla pittura, in corrispettivi oggettivi. Gli opposti tengono insieme e, allo stesso tempo, variano la composizione, gli conferiscono movimento, accelerano il suo ritmo, ne ridefiniscono l’assetto. L’ancestrale scontro tra le forze uguali e contrarie di bene e male, la lotta tra libertà erotica e la repressione dei sensi, contenuti, controllati, bloccati da una religiosità percepita come bigotta, i dualismi di trasgressione e regola, luce e ombra, vita e morte coagulano e, conseguentemente, si risolvono nei dipinti di sintesi. Questi ultimi, individuando nella morte l’estrema risoluzione di ogni conflitto, si caricano di un significato liberatorio, quasi catartico.

L’amore, in tutte le sue forme, rappresenta il fondamento attorno a cui ruota l’intero ciclo di opere realizzate per Wagner. Che sia platonico – come quello che ha legato il compositore stesso a Mathilde Wesendonck – consumato o no, tragicamente spezzato o reso possibile soltanto dal sopraggiungere della morte; è l’amore, sotto forma di passione, desiderio o ossessione, a muovere ininterrottamente le fila dei drammi rievocati dalla pittura di Vaccarone. Spesso, come Il divieto d’amare e, ancor di più, Tristano e Isotta suggeriscono, la tematica principale consiste nell’aspirazione a un amore libero. D’altro canto, le tele di Vaccarone per il Parsifal assorbono il misticismo dell’opera, ne rielaborano i simboli religiosi, offrono uno spaccato su sentimenti, emozioni, pulsioni che stanno tra il trascendentale e il carnale, tra il sacro e il profano. Tali dipinti, sfruttando la metafora del dramma wagneriano, innescano un cortocircuito visivo ritmico e tonale, capace di dar forma ai passaggi più complessi della psiche umana.

Controparte di Eros, inteso come categoria di pensiero e, dunque, pulsione di vita, è Thanatos; la morte, la tendenza all’annichilimento o all’autodistruzione. La morte scioglie anche la circostanza più complessa, si fa sintesi suprema a cui giunge inevitabilmente la vicenda, segnandone il drammatico epilogo. Essa pone un freno alle passioni più violente o – in taluni casi – rende possibile ciò che possibile non è stato in vita. Il celebre Liebestod, il canto di amore e morte di Isotta, incarna alla perfezione l’unione di Eros e Thanatos. È la morte d’amore che ricongiunge i due sventurati amanti, impossibilitati dalle circostanze a soddisfare il proprio reciproco sentimento quando erano ancora in vita. La morte, infine, assume, in altri casi ancora, intonazioni ben più drammatiche e irreversibili. Essa, segnando la fine delle ambizioni degli esseri viventi, appare come una forza oscura che regola il mondo. Questo è il significato che le attribuisce il nano Alberico, una volta costretto a riconsegnare i suoi tesori. L’avido possessore dell’oro del Reno individua così nella morte, intesa come annientamento totale, la sola vincitrice. Allude proprio a tale granitica certezza la scritta che affiora tra le acque del Reno Alles was ist endet, assunto, quest’ultimo, che dà anche il titolo a una delle tele. Una conflagrazione finale, una precipitazione rovinosa, uno scorcio su un mondo che cade in frantumi è quanto drammaticamente rappresentato nella Sintesi della tetralogia. Mentre un minuscolo granello d’oro sopravvive al centro, il Reno emerge a fatica tra le macerie, il suo corso diviene irregolare, si inabissa e riappare in differenti aree della tela. I piani, frammentati in questo dipinto come non mai, si sovrappongono e si intersecano, si fanno largo tra le rovine che prefigurano il Crepuscolo degli dei, l’ultima parte della tetralogia. La fine è imminente, tragica, definitiva, irrimediabile.