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Traccia

Un segno impresso sulla carta reca in sé la possibilità di esprimere, la facoltà di conoscere, la consapevolezza di tramandare. Il segno impresso sulla carta rappresenta la forma più semplice di comunicazione; nella sua fisionomia più elementare lo si sperimenta sin dalla più tenera età, ancora prima di articolare il linguaggio.

Belik. IncarnationS

La scultura di Florian Poulin reca in sé una condizione di conflitto permanente. Le sue belve dai denti aguzzi e minacciosi sono esseri feroci colti in posizioni plastiche. L’artista oppone strenua resistenza alla tenacia del materiale metallico, per piegarlo al suo volere.

Prospettive divergenti

Il mare a cui si riferisce Petracci non è solo quello che ha fatto da sfondo alla sua infanzia, è, a un livello più profondo, quello della coscienza. Le opere proposte in mostra, fluttuanti e sospese, offrono dunque visioni fugaci della sua interiorità. Sono una porta lasciata aperta che chi guarda è invitato a varcare.

Invisibile

Massimo Angèi non raffigura e – allo stesso tempo – non si abbandona neppure a una totalizzante astrazione aniconica. La sua pittura suggerisce, allude, bisbiglia allo sguardo, senza rappresentare.

Nascosta in piena vista

Come suggerito dal titolo, preso a prestito dall’omonima canzone di Niccolò Contessa, il progetto site-specific, cucito addosso agli spazi di Villa Rospigliosi, esplora ciò che, pur in piena vista, non ci è dato vedere.

Contamin-Azioni

La mostra intende indagare proprio quei processi tendenti all’espansione, diretti, in altre parole, a intaccare lo spazio, in modo aggressivo, come si trattasse di un contagio virale incontrollabile. Una selezione di artisti si misura con i concetti di propagazione, emanazione, duplicazione e germinazione.

Ciò che rimane

Legni anneriti, carboni, ceneri, residui incombusti di rifiuti; questi sono i pochi appigli figurativi che affiorano in superficie dalle fitte nebbie che si espandono nei dipinti di Federico Mazza. Un afflato trascendentale li anima.

Diagenesi. Scolpire il tempo

Simone Negri e Pietro Capogrosso si approcciano alle proprie opere con tempistiche e modalità che ricordano da vicino un simile processo naturale. Come un sedimento, la materia manipolata dai due artisti si addensa su di un supporto e lì imprime una traccia indelebile di sé.